Sunday, May 03, 2015

Parluma d-l'Atæ : la grammatica di Sguerso.


Non ostante i probabili problemi di proprietà intellettuale, abbiamo deciso di mettere a disposizione di tutti la grammatica di Sguerso sulla parlata della nostra città. Si tratta di una grammatica all'antica, senza cenni di sintassi e priva d'esempi, che in più punti sottolinea la "povertà" supposta del dialetto alterese, pur riconoscendone "la somiglianza con in francese".

Giova allora, prima di cominciare la lettura dell'opera pregevolissima di Sguerso, ricordare che per il linguista, non c'è differenza tra lingua e dialetto : tutti e due sono scaturiti dal calderone romano-barbarico e l'aver scelto una sola parlata, quella di Firenze, come lingua dell'unificazione italiana, nulla toglie in dignità a tutte le altre, che hanno avuto precisamente la stessa genesi.

Il dialetto di Altare fa parte di un continuum di dialetti di transizione (detti, come ognun sa, d'oltregiogo) che portano caratteristiche liguri (cioè, della costa) ma anche cuneesi e del Monferrato. 

Fanno parte di questo gruppo tutte le parlate della Valbormida. Sono più propriamente liguri  i principali tratti fonetici, la gran parte del vocabolario e della sintassi, compresa la negazione che ad Altare e ad Osiglia precede ancora il verbo come in italiano (si sa che a Cairo e in Piemonte, la segue). 

Sono piemontesi il sistema verbale e la perdita delle vocali atoniche finali tranne la a, un tratto che rende la parlata d'Altare leggermente ostica ai parlanti genovesi. 

Il vocabolario, la ricorrenza delle s impure, la conservazione delle r e delle v intervocaliche, dànno poi al dialetto di Altare un carattere ligure arcaico. 

Il riferimento al francese è chiaramente fuorviante, perché esso è valido per tutte le lingue al disopra della linea La Speza-Rimini, che separa le parlate gallo italiche da quelle italiane. Se l'altarese, con il suo carattere arcaico, spicca per le sue caratteristiche gallo italiche, che saltano subito all'occhio (e che furono colte, non senza acume, dagli altaresi istruiti che sapevano il francese, come Sguerso), resta ovviamente impossibile, sulla sola base di questi tratti, costruire ipotesi sull'origine dell'arte vitrea e sull'etnia dei primi vetrai.

Meritano attenzione parole oggi in disuso, tali che "fumbra" per donna (occ. frema, piem. fomna, lyon. fena), "smugià" per bagnare (fr. mouiller), "burgna" per fiume (sicuramente da Burmia, il nome della Bormida), "butòzz" per pozzo d'acque grigie (francoprovenzale boutasse, palude) etc. Esistono diverse radici piemontesi (per esempio "vinvera" è il nome dello scoiattolo), ma per pipistrello l'altarese ha il tipo "gottavuroira" (la prima e la seconda o, una a palatale, è passata ad Altare completamente ad o aperta), cfr piem. rattavuloira. Si veda il dizionario per molti altri begli esempi (che sono raccolti nel Dizionario delle Parlate Liguri). 

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